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POLLO ARROSTO ALL'ARANCIA

        Generalmente preparo la faraona o l'anatra all'arancia, ma purtroppo da noi non si trovano facilmente ed ho provato a sfruttare la mia ricetta per cucinare un semplice pollo. Il risultato è stato sorprendente, le carni vengono morbide, succulenti ed il meraviglioso intingolo le rende delicatamente saporite. L'ho proposto con delle patate dolci/americane cotte al forno.             Ci siamo riuniti intorno al tavolo per un pranzo improvvisato con la mia famiglia ed è sembrata una ricorrenza speciale, del resto per me quando siamo tutti insieme è sempre una ricorrenza speciale! Trascrivo sul mio blog/ricettario della mamma/nonna per non dimenticare e tramandare. POLLO ARROSTO ALL'ARANCIA INGREDIENTI: 1 POLLO  di 2/3 k SALE Q.B. 3 ARANCE BIO OLIO E.V.O. Q.B. UN CIPOLLOTTO DI TROPEA        Accendere il forno e preriscaldarlo a 220° in modalità statica.Togliere le piumette presenti, se ci sono, e lavare  il pollo internament

Rivisitazione del Cinghiale in siviero ("Puorco sarvatico nzeviéro"), cinghiale in agrodolce, antica ricetta di Ippolito Cavalcanti Duca di Buonvicino



Questa antichissima ricetta mi è stata consigliata da Rina Scalise, autrice del libro "Amo la cucina calabrese". In seguito ai nostri colloqui mi inviò la ricetta scritta in dialetto e mi ha aiutato nella traduzione. Colgo l'occasione per ringraziarla della sua disponibilità.
Ho approfondito in internet le origini di Ippolito Cavalcanti ed ho scoperto che era discendente da una rinomata famiglia toscana, nacque ad Afragola, visse per 20 anni in Calabria a Buonvicino (CS) dove ricevette il titolo nobiliare ed ivi prese spunto per molte sue ricette.
Il Cavaliere Ippolito Cavalcanti duca di Buonvicino dedicò anni preziosi agli studi di Gastronomia ed alla pratica del cucinare, tramandò con semplicità un tratto della cucina tradizionale.
Il suo libro è la testimonianza di un gusto semplice e raffinato, ed i piatti raccolti, siano essi preparati per mense ricche o povere, vengono considerati un diletto d'autore.
Questo nobile gentiluomo scrisse "La cucina teorico pratica" per la prima volta a Napoli nel 1837 ed ha dedicato gli ultimi venticinque anni della sua vita alla stampa e alle ristampe, sempre diverse, del suo ricettario. Suddivide il manuale in due parti: la prima in italiano, per nobili e ricchi borghesi, la seconda in dialetto, per il popolo e la borghesia. La prima edizione è stata scritta in dialetto buonvicinese. La ricetta in dialetto è la seguente:

Puorco sarvatico nzeviéro



Piglia doie ròtola de puorco sarvatico o puramente lu cignale; lu farraie a pezzulli e lu zuffrìe cu nu poco de nzogna, sbruffannoce spisso spisso nu poco a la vota na carrafade vino russo de Calavria e sempe vullente accussì lu farraie còcere; po nge miétti la còncia, zoè, na libbra de mustacciuólo pisáto, doi rana de carofano e ccannella fina, na libbra de cetrunata ntritata, nu quarto de zuccaro, poco sale, pepe e acìto; farraie vóllere e ncurpurá, po pruovi, l’assaggi, mme ntiénni, pe beré si nge vô cchiù zuccaro, o cchiù acìto e fatto denzo denzo lu siervarraie.



La ricetta che ho trovato attribuita a lui in italiano è diversa ed è la seguente:


Cinghiale in siviero




Per 6 persone



1,200 kg di cinghiale, olio d’oliva, 150 gr prosciutto crudo a dadini, 1 cipolla grande, 2 carote, 2 coste di sedano, 1 lt di vino rosso, 70 gr di uva passa,  50 gr di pinoli, 2 foglie di alloro, 1 mazzetto di salvia, 1 bastoncino di cannella, 5 chiodi di garofano, 1 bustina di zafferano (mi sembra strano che all'epoca si usassero le bustine di zafferano), un pizzico di noce moscata in polvere, sale e pepe



In una grossa ciotola  fare la marinata con il vino, le verdure tagliate e grossi pezzi, le erbe, l’uvetta, i pinoli e le spezie. Tagliare a pezzetti il cinghiale e metterlo nella marinata per una notte intera.



In un grosso tegame, possibilmente di coccio, far soffriggere nell’olio il prosciutto a dadini, aggiungere la carne ben scolata e rosolarla a fuoco vivo per qualche istante. Aggiungere quindi, tutta la marinata con le verdure e le spezie. Cuocere coperto e a fuoco basso per circa 2 ore finchè la carne non risulterà tenera. Togliere i pezzetti di carne e frullare la salsa rimanente con tutte le verdure per ottenere una crema densa. Mettere la carne sul piatto di portata, coprirlo con la salsa calda e servire subito.




Io ho usato di base la ricetta antica in dialetto e da quella in italiano ho prelevato i pinoli e le uvette. Non ho utilizzato la marinata del cinghiale in cottura, ma vino rosso calabrese (Cirò). Questa in dettaglio la mia rivisitazione:

Ho messo a marinare la sera prima il cinghiale in abbondante vino rosso calabrese (Cirò), sedano, carota, cipolla, rosmarino, alloro, salvia, grani di pepe nero, due bacche di ginepro e 3 chiodi di garofano. Il giorno dopo ho scolato bene il cinghiale e lo ho fatto rosolare in olio e.v.o. (non nello strutto), ho di volta in volta aggiunto mezzo bicchiere di vino rosso calabrese (circa  3 bicchieri), facendolo sfumare e cuocere a fiamma vivace. A questo punto, sia nella ricetta dialettale che in quella in italiano andrebbe aggiunta la marinata, io, invece ho messo 3 cipollotti di Tropea,

poco sedano ed una carota tritati, li ho fatti soffriggere insieme al cinghiale e quando era tutto ben rosolato ho aggiunto un pezzettino di mostacciolo sminuzzato (tipico dolce calabrese a base di miele di fichi, farina, latte e poco zucchero)


 2 chiodi di garofano, un pochino di cannella, la buccia di limone,

lo zucchero, il sale, il pepe, l'aceto, i pinoli e l'uva passa fatta precedentemente rinvenire in acqua tiepida ed ho coperto il tutto con dell'acqua bollente. Ho lasciato sobbollire per molte ore fino a quando la carne risultava morbidissima. Ho controllato se l'equilibrio aceto, zucchero e sale (l'agrodolce) era adeguato ed ho portato a cottura sino a quando la salsa era completamente densa e l'aceto totalmente evaporato.

Come vedete ho seguito quasi letteralmente la ricetta dialettale con l'aggiunta di uvetta e pinoli e con la sostituzione dell'olio e.v.o. allo strutto.


Io amo le cotture in agrodolce ed il cinghiale cucinato in questo modo è veramente delizioso. Mio marito e mio figlio minore preferiscono il cinghiale in umido alla toscana, ritengono che il sapore tipico del cinghiale è più spiccato, le spezie e l'agrodolce, secondo loro, coprono troppo il sapore. Forse era proprio questo lo scopo degli antichi!

Un grandioso saluto a tutti i miei lettori

M.G.

Commenti

  1. Ciao, bellissimo blog complimenti, buonissima ricetta, il cinghiale è ottimo,poi cucinato così sarà una squisitezza.
    Pubblicato il link del tuo blog, sul mio blog con vero piacere.
    Visita il mio blog sei la benvenuta, se ti piace e vuoi pubblicare il link del mio blog nel tuo mi farebbe piacere. Grazie di cuore.

    RispondiElimina
  2. Scusa mi ero dimenticata, questo è il link del mio blog:
    http://insiemeconnancy.blogspot.it/

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    Risposte
    1. Ciao Nunzia, grazie per la visita, sono appena passata dal tuo blog con vero piacere, sei molto brava, Saluti
      M.G.

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